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Nuovo album per il londinese Graham Dowdall, in arte Gagarin, che qualcuno ricorderà essere stato il batterista dei Ludus; negli anni ha collaborato – tra gli altri – con Nico, John Cale, Eric Random, David Thomas/Pere Ubu, Suns Of Arqua, Bill Pritchard, Moontwist.
La proposta sonora di Gagarin ha a che vedere con un’elettronica ambient/trance melodica dalle tinte fosche, infettata di glitch, sostenuta da beats di derivazione grime e drum ‘n’ bass. I suoni di synth tendono all’isolazionismo e all’introspezione, ma anche alle aperture romantiche e nostalgiche.
Atmosfere nebbiose e scampoli di piano (“Phormium”); inserti pop e bagliori paradisiaci (“Golden Cap”); ‘sollecitazioni’ fastidiose (“Den Bosch”); paesaggi statici (“Aconite”); sussulti dupstep à la Burial (“Gravvers”); infiltrazioni quasi-dub sullo sfondo (“Straiff”, “Fila”); soffi dall’oltretomba (“Ab Plas”); ritmiche frastagliate e field recordings (“Onomo”); spiragli di luce conclusivi (“Stipa”). Un disco senza grosse pretese.
(Geo)
(3.5/5)
Massimiliano Drommi
- 17-3-2009
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