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Ecco un disco d’esordio che, in un giorno come tanti, fa la sua inaspettata comparsa, come un velivolo extra terrestre atterrato nel proprio giardino di casa.
I tre ‘alieni’ (due dei quali sono di origini australiane) di stanza a New York riunitisi sotto la sigla Coconuts partono da una base classica (chitarra,voce, basso, batteria), per approdare beatamente nel regno degli incubi più minacciosi: la loro peculiarità sta nel recuperare parte di un suono che fu dei Main (periodo “Motion Pool”) su un versante meno sperimentale, dalla configurazione ‘rock’ (e qui potremmo tirare in ballo anche la precedente creatura di Robert Hampson, vale a dire i Loop).
Quanto appena espresso si evince chiaramente in “Silver Lights”, “Dean’s Blues”, “Lost Bitches”, “Dark World”: atmosfere narcotizzate, cupe pulsazioni di basso ridotte all’osso, voce remota in stato di trance, monotoni flussi chitarristici dalle risonaze noisy e clangori metallici sparsi. In “When She Smiles”, invece, si ha una presa di coscienza più blandamente ‘pop’.
Coconuts, la promessa va mantenuta, intesi?
(No Quarter/Goodfellas)
(4.5/5)
Massimiliano Drommi
- 12-7-2010
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